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All’ingresso del maestoso Salone da Ballo di Ca’ Rezzonico si può ammirare un raro esemplare di ‘sediolo’ settecentesco integralmente conservato. Di forma elegante e slanciata, è realizzato in legno con alcune parti in metallo e consta di un telaio su cui poggia il sedile a posto unico. Il legno è intagliato con motivi a volute di gusto prettamente settecentesco, e laccato di colore rosso cupo. Il diametro delle due grandi ruote è di un metro e mezzo circa, mentre la lunghezza complessiva del veicolo, comprese le lunghe stanghe, è di più di quattro metri. Il sediolo era di uso assai frequente nella terraferma veneta sino a tutto il secolo XVIII: un’anticipazione del calessino a due ruote dell’Ottocento. Tale mezzo di trasporto, veniva solitamente utilizzato per le passeggiate dei giovani villeggianti e lo si ritrova talvolta nelle stampe settecentesche, quali a esempio le vedute dell’album “Le delizie del fiume Brenta” di Gianfrancesco Costa (consultabile a Ca’ Rezzonico, presso il Gabinetto delle Stampe e dei Disegni).
Tra le varie descrizioni riservate dagli studiosi al Salone di , riportiamo oggi quella avanzata nel 1997 da Adriano Mariuz e Giuseppe Pavanello, i quali precisano come, “assente Tiepolo, impegnato a Würzburg per un triennio, l’affrescatura della sala, estesa a tutto il vano come in Palazzo L***a, viene eseguita da Crosato, che si conferma in questo campo, dopo Tiepolo, il pittore più originale su piazza veneziana. Collabora con lui per la finta architettura Mengozzi Colonna. Egli ricrea lo spazio distribuendo lungo le pareti una trama di colonne in marmo grigio con capitelli dorati, alternate a finte statue, e lo dilata nella parte alta suggerendo una fuga d’ambienti al di là di logge e balconcini aggettanti.
Quasi per un richiamo alla sala di Ca’ Zenobio, che era la prima decorata «alla moderna», anche qui si elegge a protagonista, per la parte figurale, Apollo, il dio del sole: ma se a Ca’ Zenobio è rappresentato mentre sorge preceduto dall’Aurora, qui, anche se l’aspetto è di adolescente, egli trionfa allo zenit sul suo cocchio irradiando le Quattro Parti del mondo, personificate, invece che da regine di conturbante bellezza come stava proprio allora dipingendole Tiepolo nello scalone della Residenza di Würzburg, da amabili fanciulle di razze diverse, fra giochi di putti e particolari esotici. Le finte statue sul cornicione rappresentano i segni dello Zodiaco; altre ancora, i Venti: davvero tutto l’universo sembra rispecchiarsi in questa sala, ovviamente a maggior gloria dei Rezzonico, il cui blasone giganteggia sopra le finestre.
Uno smisurato progetto encomiastico; ma la vivacità dell’invenzione, la freschezza della resa pittorica, l’eleganza della finta architettura lo rendono nulla più di un pretesto per la creazione di un ambiente fiabesco. Più che la grandezza dei Rezzonico qui, come già nella sala dei L***a, la pittura celebra sé stessa, manifestando il suo immenso potere d’illusione, spaesandoci in una realtà diversa, fantastica, fra le stesse pareti domestiche” (I palazzi veneziani: la grande decorazione, in Venezia l’arte nei secoli, II, 1997).
La BBC a Ca’ Rezzonico.
A seguito del progetto “Women Artists of Venice” (WAV), avviato da Save Venice Inc. lo scorso anno, qualche giorno fa Ca’ Rezzonico ha ospitato in visita Katie Razzall, nota giornalista televisiva britannica, al fine di approfondire con il responsabile di sede, dott. Alberto Craievich, l’attività delle più famose artiste veneziane del XVIII secolo: Rosalba Carriera, Giulia Lama e Marianna Carlevarijs.
Qui il link dell’articolo pubblicato subito dopo la visita a :
https://www.bbc.com/news/entertainment-arts-61297129
Qui le informazioni sul progetto di Save Venice Inc. incentrato sulla valorizzazione dell’attività artistica delle donne a Venezia e sulla conservazione delle loro opere:
https://www.savevenice.org/project/save-venice-launches-women-artists-of-venice
A , nella Sala delle lacche verdi sono esposte quattro curiose statue di uomini e donne cinesi, create a Canton (Guǎngzhōu) all'epoca del regno Qianlong (1736-1795) e provenienti dalla collezione di Teodoro Correr. Realizzate in argilla non cotta, sono dipinte con una vernice a colori vivaci: rosso, azzurro, melanzana, verde, celeste, con ricche dorature.
Le coppie presentano volti quasi identici, probabile conseguenza dell'utilizzo di un medesimo prototipo per i volti femminili e di un altro per i volti maschili. Gli abiti riprendono quelli diffusi durante la dinastia Ming presso gli ufficiali imperiali di alto rango, che qui comparirebbero accompagnati dalle rispettive consorti. In origine le statue dovevano presentare anche orecchini e spille per le acconciature femminili, barbe e baffi di peli veri (forse crine di cavallo) per quelle maschili, oggi quasi completamente perduti.
Il primo ambiente del museo che il visitatore incontra a è il Salone da ballo. Alzando gli occhi si ammira, al centro del soffitto, Apollo che illumina i continenti allora conosciuti (Europa, Africa, Asia, America). L’autore, Giambattista Crosato, “seppe trasformare l’idea del dio emergente dal centro del carro, come proiettato dalla cavalcata frontale dei suoi destrieri, avendo in mente un punto di osservazione privilegiato per l’osservatore della scena. Dall’ingresso del salone infatti è possibile la lettura migliore del sottoinsù con l’esplosione globulare di luce da cui emerge, come la schiuma di un’onda alla spiaggia, la quadriga di Apollo, gambe di ancelle alate e zampe di cavalli coordinate in un inedito balletto celeste. Tutt’attorno sono le allegorie dei Continenti, rappresentate come fanciulle riccamente abbigliate. ... Assieme agli affreschi con Storie di Cleopatra realizzata da Mengozzi Colonna e Giambattista Tiepolo a palazzo L***a, il salone di Ca’ Rezzonico rappresenta l’impresa decorativa più importante degli anni centrali del Settecento a Venezia, il segno che le famiglie committenti sapevano cogliere nell’abilità trasfigurante dei pittori chiamati in causa l’opportunità per la creazione di cerchi magici di sospensione del reale, nei quali immergere i visitatori, a maggior gloria del proprio casato. Non si può negare che Crosato assolvesse al compito richiestogli con una soluzione, non rivoluzionaria, ma di grande efficacia” (Denis Ton, Giambattista Crosato, pittore del rococò europeo, 2012).
A si conserva il modello in terracotta di un elemento decorativo presente nella sontuosa ca****la Manin, della chiesa veneziana di Santa Maria di Nazareth (o chiesa degli Scalzi). L'opera, raffigurante due teste di cherubini, fu realizzata da Enrico Merengo (1628/1638–1723), scultore di origine tedesca ma veneziano d'adozione: Quintiliano Rezzonico lo riteneva il “miglior allievo” di Giusto Le Court.
La documentazione d’archivio conferma l’ampio intervento di Merengo nella definizione scultorea della ca****la e la critica gli assegna l'esecuzione del gruppo della Sacra Famiglia, dei due Angeli ai lati della mensa dell’altare, dei Putti che reggono i festoni di fiori dell’antipendio, e di alcuni Cherubini. A differenza di altri bozzetti preparatori presenti nel “fondo di bottega” di Giovanni Maria Morlaiter, conservato sempre a Ca’ Rezzonico, il modello in esame palesa le caratteristiche di un rapido abbozzo. Tale constatazione porta la critica a considerarlo quale elemento di un più ampio repertorio d’immagini decorative, da utilizzare alla bisogna.
Colazione a letto per la dama del Settecento.
A , tra le porcellane della varie manifatture, provenienti dalla collezione di Marino Nani Mocenigo, si può ammirare un'insolita tazza con piattino. Si tratta di una 'tasse trembleuse', ossia una tazzina ansata, accompagnata da un piattino con un incavo profondo o un appoggio a bordo rialzato a forma di cesto. La 'trembleuse', in virtù di questa sua particolarità, veniva utilizzata appositamente per la colazione a letto, scongiurando così il rischio di rovesciare la tazzina con il caffè o la cioccolata bollenti.
La moda di servire la colazione a letto, nacque in Francia e venne subito adottata anche a . Tale abitudine è ben documentata nel dipinto di Pietro Longhi, La cioccolata del mattino, sempre a . A partire dal 1740, l'importante manifattura di Meissen adottò la forma della 'trembleuse'; poco dopo, tali esemplari vennero imitati da molte altre fabbriche, come nel caso della 'trembleuse' di Ca’ Rezzonico, realizzata alla manifattura di Zurigo attorno agli anni Settanta. Qui entrambi gli elementi sono ornati con rami di crisantemi in fiori di color porpora ed oro, mentre sull’orlo vi è una bordatura floreale stilizzata di mezzi boccioli contrapposti: l’anello di appoggio è a traforo.
“Non è ricco colui che possiede molto, ma colui che dona molto”
Ieri, 25 aprile, il prof. Giuseppe Scalabrino ha ricevuto dal sindaco di Venezia il Premio San Marco, per le donazioni di opere d’arte effettuate a favore di Ca’ Rezzonico, Museo del Settecento veneziano e del Gabinetto dei disegni e delle stampe della Fondazione Musei Civici Venezia (MUVE).
Generoso e colto collezionista, il prof. Scalabrino ha trasformato una passione privata in pubblico bene, unendo per sempre il proprio nome a quello di Venezia e dei suoi musei.
All’interno della donazione figurano incisioni di Rembrandt, Bellotto, Annibale Carracci, Gaetano Zompini, dipinti a tempera di Marco Ricci, nonché uno splendido ‘mobile cassettone’ (1799) di Giuseppe Maggiolini.
La moda dei nei posticci si diffuse a nel Seicento, imponendosi soprattutto nel Settecento. Tale moda, importata dalla Francia - dove il neo è chiamato le mouche, ossia la mosca -, nacque probabilmente dal desiderio di coprire le imperfezioni della pelle, specialmente di chi era stato colpito dal vaiolo, divenendo poi un accessorio imprescindibile, che seppe generare un proprio codice linguistico. La forma e la posizione dei nei venivano infatti usate sovente come veicoli di informazioni personali.
Ad esempio, un neo a forma di cuore sulla guancia sinistra serviva ad avvertire che la donna che lo esibiva era già fidanzata: dopo il matrimonio il neo veniva trasferito a destra. Esisteva quindi una grande diversità di fogge delle mouches, che prendevano forma di luna piena, mezzaluna, stella, losanghe, putti o addirittura silhouette di amici e familiari. Si diceva, peraltro, che una serie di lune nelle varie fasi di crescita, applicate all’angolo esterno dell’occhio, servisse a far apparire gli occhi più grandi e a renderli più luminosi. Tali 'accessori' potevano essere applicati anche per singole occasioni e solitamente venivano realizzati in pelle, taffetà, velluto o semplicemente in carta; si custodivano in appositi contenitori, i portanei o boîte à mouche, e si applicavano con la colla liquida derivata dalla resina del lentischio.