Negli anni si è accresciuto il prestigio di questo quartiere, che è diventato una sorta di contenitore culturale, grazie ai numerosi musei, teatri e centri multifunzionali (come l'Auditorium). È considerata una delle zone più chic ed intellettuali di Roma. Negli ultimi anni il valore degli immobili è aumentato a tal punto da parificare la zona al centro storico. Fino alla fine del XIX secolo il lu
ngo rettilineo di via Flaminia raggiungeva l'antico ponte Milvio attraverso una piatta distesa di campi periodicamente allagati dalle piene del fiume, che rendevano poco favorevole l'insediamento nell'area.
È in questa situazione di territorio vergine che nel 1905 la Società Automobili Roma individua l'area dell'ansa del Tevere come luogo idoneo per la localizzazione dei suoi stabilimenti e impianti di produzione industriale. Gli anni successivi vedono il completamento e il consolidamento dell'insediamento industriale, mentre si compie la prima sostanziale trasformazione e urbanizzazione dell'intera area, tra il fiume e le pendici della collina dei Parioli. Nascono i primi complessi di edilizia pubblica e iniziano a prendere corpo i primi tracciati stradali che disegnano l'ansa del fiume. Con l'Esposizione Internazionale del 1911 l'area definisce il suo carattere prevalente, ancora attuale, di polo culturale, per l'intrattenimento sportivo e il tempo libero: vengono realizzati l'Ippodromo dei Parioli (inaugurato nel 1911, fu chiuso nel 1929), lo Stadio Nazionale, le diverse sedi espositive di Valle Giulia, con la Galleria Nazionale d'Arte Moderna e i padiglioni stranieri. Il moderno ponte pedonale della Musica, inaugurato nel 2011
L'inizio del primo conflitto mondiale cambia il destino dell'area industriale, riconvertendola a usi militari. Il grande stabilimento Società Automobili Roma viene trasformato nella Reale Fabbrica di Armi, ospitando le caserme e le officine, edifici minuti a tipologia essenziale e caratteri architettonici lineari. Dopo la pausa del secondo conflitto mondiale, l'assegnazione a Roma dei Giochi Olimpici del 1960 apre una nuova fase di profonda trasformazione urbana dell'area. La costruzione del Villaggio Olimpico, gli impianti sportivi – Palazzetto dello Sport e Stadio Flaminio – e le sedi delle Federazioni riconfermano la vocazione sportiva che l'area aveva avuto fin dall'inizio del secolo. Nei decenni successivi l'articolato sistema di residenze, impianti e attrezzature sorto nel settore orientale dell'ansa del Tevere si consolida con ulteriori piccoli interventi. Le opere di Libera, Cafiero, Moretti, Monaco, Luccichenti, Vitellozzi e Nervi formano così un insieme omogeneo, un manifesto complesso, articolato e riconoscibile del linguaggio architettonico e delle forme contemporanee. Tuttavia è con l'avvio del concorso per il nuovo Auditorium, nel 1994, che il quartiere Flaminio affronta una terza fase di riqualificazione urbana di grande respiro. Una fase che si svilupperà per quasi un decennio, quando la realizzazione del progetto di Renzo Piano, con i suoi insoliti volumi zoomorfi, porterà nell'area nuove funzioni e qualità urbane. Un processo di trasformazione proseguito con l'inaugurazione nel 2010 del MAXXI (Museo della arti del XXI secolo) progettato dall'architetta Zaha Hadid e con l'inaugurazione nel 2011 del nuovo ponte della Musica. Ponte Flaminio
l ponte, che misura 254,94 metri di lunghezza per 27 di larghezza, si sviluppa su cinque arcate ed è realizzato in calcestruzzo interamente rivestito da travertino romano vistoso per le calde tonalità del bianco. Scenografiche scalinate sopraelevano i due ampi marciapiedi laterali, su cui si innalzano cippi e fusti cilindrici con aquile e lampioni. Il suo profilo ricorda quello del vicino ponte Milvio, con proporzioni enormemente enfatizzate, ottenendo una struttura monumentale ed imponente. Negli anni trenta del secolo scorso, l'insufficienza dell'antico Ponte Milvio per l'uscita della città sull'asse delle vie consolari della Cassia e della Flaminia, unitamente all'esigenza di prevedere un ingresso scenografico alla capitale per il traffico proveniente dal nord attraverso una variante all'attuale via Flaminia vecchia, rese necessaria la costruzione del nuovo ponte, che doveva chiamarsi XXVIII Ottobre in memoria della data della Marcia su Roma. Fu chiamato a progettarlo Armando Brasini, che aveva già iniziato a realizzare nei dintorni la chiesa di Piazza Euclide, Villa Manzoni e la sua dimora presso Ponte Milvio. Per le strutture, fu incaricato l'ing. Aristide Giannelli. Il progetto presentato da Brasini a Mussolini prevedeva un enorme arco monumentale che emulava gli archi di trionfo romani. Il Duce, che spesso interveniva sui disegni dei suoi progettisti, tuttavia, fece eliminare l'arco e semplificò il progetto. Brasini sembrò accettare di buon grado la modifica, asserendo che il progetto ne risultava migliorato quanto ad ampiezza ed originalità (P.Nicoloso). Ponte Flaminio in una foto degli anni '6o
I lavori, affidati alla società Tecnobeton, cominciarono nel 1938, ovvero alla vigilia del secondo conflitto mondiale; per questo motivo vennero sospesi nel 1943, quando alcune strutture già realizzate subirono dei danni a causa degli eventi bellici, per riprendere solo nel 1947 e finire nel 1951. Nella nuova Repubblica Italiana, il ponte avrebbe dovuto mutare il nome in Ponte della Libertà, tuttavia si preferì una denominazione coerente con quella del primo tratto della variante alla via Flaminia, battezzato in origine via Caio Flaminio, che esso avrebbe servito (tale tratto, dal Ponte fino a via Antonio de Viti de Marco, costituisce l'attuale Corso di Francia). Esso infatti è il primo ponte monumentale sul Tevere a nord di Roma, a servizio dello storico itinerario della via Flaminia; dal 1960, è collegato al viadotto di Corso di Francia, che dal quartiere Tor di Quinto si congiunge ai Parioli sovrappassando il Villaggio Olimpico . Nei primi anni sessanta il ponte fu chiuso al transito per un problema strutturale al quinto pilone, che causò un cedimento del piano stradale; i lavori di risanamento furono degli ingegneri Arrigo Carè e Giorgio Giannelli, mentre per assorbire la circolazione stradale si allestì poco a monte un ponte Bailey (nella foto in alto, sullo sfondo del fiume ed al di sotto dell'arcata maggiore, è visibile uno dei piloni del Ponte Bailey, ormai demolito). Il ponte fu riaperto nel 1964, quando però la realizzazione del grande Raccordo Anulare e dell'aeroporto di Fiumicino avevano ridotto sensibilmente la sua funzione di ingresso principale nella Città Eterna. Compare nel film di Dino Risi "Poveri ma belli" (1956). Nel capitolo In Vespa del film Caro diario, di Nanni Moretti, il registra/protagonista almeno due volte al giorno passa sul ponte, per il quale esprime amore.