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In RISPOSTA ad una gentile amica che mi ha chiesto maggiore CHIAREZZA, una SINTESI veloce, sull’esegesi Dantesca messa in scena da VITTORIO SERMONTI: ma io direi anche da altri commentatori.
Ebbene questo RISPONDO, inoltrando la risposta anche a chi già ne sentiva il bisogno, oppure a chi, se mai!, la meritasse.
“Sì, sì. Voglio dire che a Vittorio Sermonti importava molto dire, esporre!, quello che già tutti sapevano su DANTE, ma non assolutamente approfondire i problemi lasciati irrisolti nei secoli dalla Critica Dantesca. E se tali PROBLEMI fossero rimasti IRRISOLTI poiché così storicamente aveva desiderato la CURIA ROMANA…???!!! Ossia come, con queste parole, UGO FOSCOLO designa la santa INQUISIZIONE già simboleggiata da Dante nella “lupa” de lo inferno…?! Ebbene in questo caso Vittorio Sermonti avrebbe fatto l’avvocato d’Ufficio della santa Inquisizione. Nooo..???!!! E invece è proprio da mettere in conto: anche se il Sermonti sarebbe stato tutt’altro che l’unico.
Se certi problemi capitali, esiziali!, della Critica Dantesca fossero rimasti irrisolti nei secoli per paura della “lupa”, continuare a lasciarli irrisolti, cioè NON TENTARE di venirne fuori, potrebbe risultare per Dante stesso, molto, moltissimo, NOCIVO ed OFFENSIVO! E a me Dante preme.
Io sono certo che scoprire quello che ha detto Dante, per Dante stesso è ontologicamente, ontogeneticamente, capitale. Da risultare uno: o vivo, o morto. Anche se a comportarsi in tale deplorevole maniera, ossia da lasciare Dante morto lì per terra dov’è in mezzo ad idee insufficienti, per non dire sconce, fosse stato Vittorio Sermonti, o Roberto Benigni. Sì, sì! poiché vorrebbe significare FREGARSENE di DANTE e dare importanza esclusivamente al discorsino, per quanto bene impostato, dotto, divertente, piacevole fino allo sdolcinato, che uno fosse riuscito a mettere in piedi, o mandare in onda. Ovviamente per le ottime capacità personali, cioè effettivamente anche invidiabili, possedute dalla persona in oggetto, che una persona possiede personalmente, ma che nulla hanno a che fare con la vera verità esegetica, con i contenuti dell’Opera dantesca. Un’opera composta per salvare la parte migliore ed autentica del Medioevo: quella fondata sulle dieci scienze di allora gerarchicamante costituite (Convivo, II, XIII, 8) e in cui le ultime quattro e maggiormente MAGNIFICENTI giocavano un ruolo decisivo.
Uno si faccia bello, se puo’!, con qualche altro autore, a me viene d’impeto alla mente, ma non con Dante, se Dante stesso avesse detto cose assai più gradi di quelle messe in evidenza da qualcuno: e poi a questo qualcuno, qualcun altro, cioè me!, gliele avesse ben ricordate. Con Dante ridotto così da secoli è disdicevolmente imbarazzante occuparsi di lui in maniera comune e ordinaria: ossia senza evidenziare le INTERROGAZIONI esistenti nella sua Opera e tentare una soluzione. Vorrebbe dire uccidere un uomo morto, quando Dante aspetta invece da secoli di ve**re resuscitato. Questo non si fa! Orbene, se questa mia affermazione è afferrabile all’impronta; se se ne afferra subito il senso, allora occuparsi di DANTE senza partire da dove inizia la sua alta e fascinate lezione, cioè l’insegnamento da lui volutoci impartire per la nostra salvezza, per la salvezza della nostra cultura e civiltà, per me è: VERGOGNA...!!!
Il Sermonti, su Dante, ha fatto la figura di ROBERTO BENIGNI: un’assoluta FIGURACCIA poiché da come i due si sono mossi emerge subito chiara la loro INTENZIONE nell’affrontarlo. Farsi belli di lui, soprattutto! e poi esclusivamente per quello che di lui è stato parzialmente apprezzato: cioè dopo averlo gambizzato. Così comportandosi, lo hanno occultato e, occultandolo!, lo hanno TRADITO: non era il caso propria dalla fine del XX secolo in poi e dopo le mie scoperte.
Io, un tale ATTEGGIAMENTO, posso capirlo, tollerarlo, in Aldo Vallone, in Francesco Mazzoni, in Patrick Boyde, ecc. ecc., che hanno masticato, rivoltato, spulciato, cercato di abbellire DANTE, fin dalla loro infanzia, ossia per professione e al fine di carriera. Ma NON posso TOLLERARLO in chi la carriera l’aveva già fatta e, su Dante, si voleva riposare utilizzando la SCENA già conquistata, già guadagnata meritevolmente in precedenza, ma attraverso altri interessi, o divertenti preoccupazioni. Così non si fa, non si deve fare! Questi!, cioè loro, per me sarebbe stato giusto e lodevole che avessero fatto sul serio cercando dunque di SCOPRIRE, e non di RICOPRIRE, le verità rimaste nascoste per secoli: ne avrebbero avute le possibilità, la scena, e invece hanno tirato a campare. Ma chi sa, appunto!, che godììo, che ebbrezza, per la Curia romana, ossia per ciò che ancor oggi rimane in piedi della mentalità della santa Inquisizione. In primis OPPOSIZIONE alle settima scienza Dantesca: l’Astrologia tolemaica del settimo cielo di Saturno che, controllando con essa stessa la virtus esercitata dai pianeti durante il loro moto e rilevabile attraverso le RIVOLUZIONI SINODICHE, o i loro ASPETTI COL SOLE, anche in Dante serve poi a giustificare meravigliosamente la bontà e magnificenza di dioverse situazioni, ed episodi.
La COMMEDIA e la VITA NUOVA hanno un senso ed uno scopo, contengono un messaggio, hanno delle coordinate SPIRITUALI, ontologico-vissute, BEN più ALTE e PROFONDE di quello che è stato loro attribuito dalla critica fino ad oggi, cioè per sette secoli: e già lo aveva intuito Giovanni Papini in “Dante vivo” del 1933. La Commedia e la Vita Nuova esigono per prima cosa che la Scienza più importate e ultima, la “Divina Scienza”, fra le dieci gerarchicamente costituite (Convivio, II, XIII, 8), cioè quella maggiormente magnificente, risulti essere, obbligatoriamente! la nostra SACRA LITURGIA e, di riflesso, anche quella di tutte le possibili religioni. E questo non risulta affatto: sono tutti caduti in buca. Se uno sbaglia questa, è logico e naturale che vada poi tutto a farsi friggere. E se io da decenni me ne lamento approfittando di qualche situazione che presta il fianco a che io mi faccia sentire: io lo faccio e do il mio ALTOLÀ, domandando anzi che qualcuno, potendo, elevi la contravvenzione. Io sono stato il primo a accertare scientificamente, con reperti empirici ed osservazioni, dopo diversi anni di faticosi studi, che la TEOLOGIA LITURGICA è in Dante e nel suo medioevo, ma anche nella classicità, la Scienza più importante, qualificante e ultima: Vittorio Sermonti e Roberto Benigni, FREGANDOSENE altamente: e non riesco a mandarlo giù. Devo andare dallo psichiatra…??? Ma poi, e ancor più chiaramente, c’è l’INCIPIT della VITA NUOVA e l’INCIPIT della COMMEDIA che da sette secoli aspettano la risoluzione dei loro rispettivi ENIGMI. “Risoluzione” che metterebbe subito in luce le ultime quattro scienze: Astrologia del settimo cielo; la Metafisica dell’ottavo; la Filosofia di Pitagora sotto il cristianesimo del nono Cielo cristallino, acqueo e di Maria; e la sacra Liturgia cristiana del decimo cielo, l’Empireo. E io non posso sopportare che un giornalista, un professore di minor calibro, un noto e ottimo presentatore TV, il migliore degli attori oggi sulla scena, ecc., ecc., decida di affrontare DANTE ex novo, cioè da verginello senza macchia perché non ancora compromesso con il sistema, cioè con i Dantisti, senza subito buttarsi ai piedi dei problemi posti dall’Incipit della Commedia e della Vita nuova. E tanto Sermonti, che Benigni, non si sono buttati; non l’hanno fatto pur essendo da me stati sollecitati a comportarsi bene. Cioè “bene” come risulta anche andando a leggere, su Google, la rivista “Sotto il Velame” di Torino, dell’Associazione Studi Danteschi e Tradizionali, diretta da Renzo Guerci.
Lo capiscio, però…!!! Un amico su Facebook non può dire su Dante, pèèè!, che subito trova Giovangualberto a fargli la tara e le mossacce. Mahhh? Allora perdonatemi.
- INTERVISTA di “TV Canale 10” di Umberto Cecchi a Giovangualberto Ceri andata in onda per la prima volta il MARTEDÌ 11 Marzo 2008; Copia e incolla LINKEM su Internet):
In RISPOSTA ad una gentile amica che mi ha chiesto maggiore CHIAREZZA, una SINTESI veloce, sull’esegesi Dantesca messa in scena da VITTORIO SERMONTI: ma io direi anche da altri commentatori.
Ebbene questo RISPONDO, inoltrando la risposta anche a chi già ne sentiva il bisogno, oppure a chi, se mai!, la meritasse.
“Sì, sì. Voglio dire che a Vittorio Sermonti importava molto dire, esporre!, quello che già tutti sapevano su DANTE, ma non assolutamente approfondire i problemi lasciati irrisolti nei secoli dalla Critica Dantesca. E se tali PROBLEMI fossero rimasti IRRISOLTI poiché così storicamente aveva desiderato la CURIA ROMANA…???!!! Ossia come, con queste parole, UGO FOSCOLO designa la santa INQUISIZIONE già simboleggiata da Dante nella “lupa” de lo inferno…?! Ebbene in questo caso Vittorio Sermonti avrebbe fatto l’avvocato d’Ufficio della santa Inquisizione. Nooo..???!!! E invece è proprio da mettere in conto: anche se il Sermonti sarebbe stato tutt’altro che l’unico.
Se certi problemi capitali, esiziali!, della Critica Dantesca fossero rimasti irrisolti nei secoli per paura della “lupa”, continuare a lasciarli irrisolti, cioè NON TENTARE di venirne fuori, potrebbe risultare per Dante stesso, molto, moltissimo, NOCIVO ed OFFENSIVO! E a me Dante preme.
Io sono certo che scoprire quello che ha detto Dante, per Dante stesso è ontologicamente, ontogeneticamente, capitale. Da risultare uno: o vivo, o morto. Anche se a comportarsi in tale deplorevole maniera, ossia da lasciare Dante morto lì per terra dov’è in mezzo ad idee insufficienti, per non dire sconce, fosse stato Vittorio Sermonti, o Roberto Benigni. Sì, sì! poiché vorrebbe significare FREGARSENE di DANTE e dare importanza esclusivamente al discorsino, per quanto bene impostato, dotto, divertente, piacevole fino allo sdolcinato, che uno fosse riuscito a mettere in piedi, o mandare in onda. Ovviamente per le ottime capacità personali, cioè effettivamente anche invidiabili, possedute dalla persona in oggetto, che una persona possiede personalmente, ma che nulla hanno a che fare con la vera verità esegetica, con i contenuti dell’Opera dantesca. Un’opera composta per salvare la parte migliore ed autentica del Medioevo: quella fondata sulle dieci scienze di allora gerarchicamante costituite (Convivo, II, XIII, 8) e in cui le ultime quattro e maggiormente MAGNIFICENTI giocavano un ruolo decisivo.
Uno si faccia bello, se puo’!, con qualche altro autore, a me viene d’impeto alla mente, ma non con Dante, se Dante stesso avesse detto cose assai più gradi di quelle messe in evidenza da qualcuno: e poi a questo qualcuno, qualcun altro, cioè me!, gliele avesse ben ricordate. Con Dante ridotto così da secoli è disdicevolmente imbarazzante occuparsi di lui in maniera comune e ordinaria: ossia senza evidenziare le INTERROGAZIONI esistenti nella sua Opera e tentare una soluzione. Vorrebbe dire uccidere un uomo morto, quando Dante aspetta invece da secoli di ve**re resuscitato. Questo non si fa! Orbene, se questa mia affermazione è afferrabile all’impronta; se se ne afferra subito il senso, allora occuparsi di DANTE senza partire da dove inizia la sua alta e fascinate lezione, cioè l’insegnamento da lui volutoci impartire per la nostra salvezza, per la salvezza della nostra cultura e civiltà, per me è: VERGOGNA...!!!
Il Sermonti, su Dante, ha fatto la figura di ROBERTO BENIGNI: un’assoluta FIGURACCIA poiché da come i due si sono mossi emerge subito chiara la loro INTENZIONE nell’affrontarlo. Farsi belli di lui, soprattutto! e poi esclusivamente per quello che di lui è stato parzialmente apprezzato: cioè dopo averlo gambizzato. Così comportandosi, lo hanno occultato e, occultandolo!, lo hanno TRADITO: non era il caso propria dalla fine del XX secolo in poi e dopo le mie scoperte.
Io, un tale ATTEGGIAMENTO, posso capirlo, tollerarlo, in Aldo Vallone, in Francesco Mazzoni, in Patrick Boyde, ecc. ecc., che hanno masticato, rivoltato, spulciato, cercato di abbellire DANTE, fin dalla loro infanzia, ossia per professione e al fine di carriera. Ma NON posso TOLLERARLO in chi la carriera l’aveva già fatta e, su Dante, si voleva riposare utilizzando la SCENA già conquistata, già guadagnata meritevolmente in precedenza, ma attraverso altri interessi, o divertenti preoccupazioni. Così non si fa, non si deve fare! Questi!, cioè loro, per me sarebbe stato giusto e lodevole che avessero fatto sul serio cercando dunque di SCOPRIRE, e non di RICOPRIRE, le verità rimaste nascoste per secoli: ne avrebbero avute le possibilità, la scena, e invece hanno tirato a campare. Ma chi sa, appunto!, che godììo, che ebbrezza, per la Curia romana, ossia per ciò che ancor oggi rimane in piedi della mentalità della santa Inquisizione. In primis OPPOSIZIONE alle settima scienza Dantesca: l’Astrologia tolemaica del settimo cielo di Saturno che, controllando con essa stessa la virtus esercitata dai pianeti durante il loro moto e rilevabile attraverso le RIVOLUZIONI SINODICHE, o i loro ASPETTI COL SOLE, anche in Dante serve poi a giustificare meravigliosamente la bontà e magnificenza di dioverse situazioni, ed episodi.
La COMMEDIA e la VITA NUOVA hanno un senso ed uno scopo, contengono un messaggio, hanno delle coordinate SPIRITUALI, ontologico-vissute, BEN più ALTE e PROFONDE di quello che è stato loro attribuito dalla critica fino ad oggi, cioè per sette secoli: e già lo aveva intuito Giovanni Papini in “Dante vivo” del 1933. La Commedia e la Vita Nuova esigono per prima cosa che la Scienza più importate e ultima, la “Divina Scienza”, fra le dieci gerarchicamente costituite (Convivio, II, XIII, 8), cioè quella maggiormente magnificente, risulti essere, obbligatoriamente! la nostra SACRA LITURGIA e, di riflesso, anche quella di tutte le possibili religioni. E questo non risulta affatto: sono tutti caduti in buca. Se uno sbaglia questa, è logico e naturale che vada poi tutto a farsi friggere. E se io da decenni me ne lamento approfittando di qualche situazione che presta il fianco a che io mi faccia sentire: io lo faccio e do il mio ALTOLÀ, domandando anzi che qualcuno, potendo, elevi la contravvenzione. Io sono stato il primo a accertare scientificamente, con reperti empirici ed osservazioni, dopo diversi anni di faticosi studi, che la TEOLOGIA LITURGICA è in Dante e nel suo medioevo, ma anche nella classicità, la Scienza più importante, qualificante e ultima: Vittorio Sermonti e Roberto Benigni, FREGANDOSENE altamente: e non riesco a mandarlo giù. Devo andare dallo psichiatra…??? Ma poi, e ancor più chiaramente, c’è l’INCIPIT della VITA NUOVA e l’INCIPIT della COMMEDIA che da sette secoli aspettano la risoluzione dei loro rispettivi ENIGMI. “Risoluzione” che metterebbe subito in luce le ultime quattro scienze: Astrologia del settimo cielo; la Metafisica dell’ottavo; la Filosofia di Pitagora sotto il cristianesimo del nono Cielo cristallino, acqueo e di Maria; e la sacra Liturgia cristiana del decimo cielo, l’Empireo. E io non posso sopportare che un giornalista, un professore di minor calibro, un noto e ottimo presentatore TV, il migliore degli attori oggi sulla scena, ecc., ecc., decida di affrontare DANTE ex novo, cioè da verginello senza macchia perché non ancora compromesso con il sistema, cioè con i Dantisti, senza subito buttarsi ai piedi dei problemi posti dall’Incipit della Commedia e della Vita nuova. E tanto Sermonti, che Benigni, non si sono buttati; non l’hanno fatto pur essendo da me stati sollecitati a comportarsi bene. Cioè “bene” come risulta anche andando a leggere, su Google, la rivista “Sotto il Velame” di Torino, dell’Associazione Studi Danteschi e Tradizionali, diretta da Renzo Guerci.
Lo capiscio, però…!!! Un amico su Facebook non può dire su Dante, pèèè!, che subito trova Giovangualberto a fargli la tara e le mossacce. Mahhh? Allora perdonatemi.
- INTERVISTA di “TV Canale 10” di Umberto Cecchi a Giovangualberto Ceri andata in onda per la prima volta il MARTEDÌ 11 Marzo 2008; Copia e incolla LINKEM su Internet):
http://www.youtube.com/watch?v=wV4vEG15yjA