26/07/2023
Ciclo di conferenze "Dialoghi d'Arte e Cultura"
Le Gallerie degli Uffizi sono un complesso museale fiorentino costituito dagli Uffizi, il Corridoio V
(938)
Ciclo di conferenze "Dialoghi d'Arte e Cultura"
Presentazione del volume
Proseguiamo oggi la conoscenza degli artisti autoritratti.
Dopo il Cardinale Leopoldo, colui che avviò la collezione unica al mondo, e la pittrice lombarda Sofonisba Anguissola, è la volta di Carlo Dolci, il pittore fiorentino più importante del Seicento.
Scopriamo, attraverso le sue parole chi era l'artista
che si ritrae in questo dipinto in vesti eleganti mentre mostra un secondo autoritratto in cui è intento al lavoro, con gli occhiali abbassati sul naso e lo sguardo fisso su un dettaglio che sta amorosamente definendo.
Questa composizione di grande formato fu definita dal pittore Adriano Cecioni “una grande opera toscana”. Tuttavia il dipinto, eseguito da Egisto Ferroni nel 1879, suscitò le polemiche di alcuni suoi amici artisti, tra i quali Banti, Fattori, Cecioni e Martelli, perché l'opera non aveva ottenuto il giusto riconoscimento all’Esposizione Nazionale di Torino nel 1879 e alla Promotrice di Firenze nel 1880.
Il dipinto, dalle dimensioni di una pala d’altare, rappresenta una scena di vita di campagna colta con immediatezza nella serena felicità di una consueta giornata di lavoro. Il grande carro, strumento indispensabile per il lavoro nei campi, è al centro della tela, mentre uomini e donne, con abiti variopinti, chiacchierano amabilmente in una strada che ha per sfondo una collina. A destra notiamo una fontana, che è il motivo della sosta dei contadini per l’approvvigionamento quotidiano d’acqua: nell’attesa una donna, vista di spalle, fa la calza, un’altra scherza con un contadino e gli altri personaggi riuniti in piccoli gruppi, discorrono piacevolmente.
Egisto Ferroni è riuscito a comunicare con elegante semplicità un’istantanea autentica e sincera della vita nei campi e a cogliere l’essenza intima del paesaggio e della vegetazione.
L’artista era nato a Lastra a Signa nel 1835, si trasferì in giovane età, per volere del padre scalpellino, a Empoli per imparare il mestiere di ornatista. In seguito studiò all'Accademia di Belle Arti di Firenze ed esordì nel 1858 alla mostra della Società di Belle Arti.
Attratto dal verismo dei Macchiaioli, Ferroni si orientò agli aspetti di vita della campagna toscana e al ritratto.
Egisto Ferroni, Alla fontana, 1879, Palazzo Pitti, Galleria d’Arte Moderna
https://www.uffizi.it/opere/ferroni-fontana
Era il 22 luglio 1510 quando nella famiglia de’ Medici nacque un bambino: il neonato, però non era biondo come imponevano i canoni botticelliani di quell’epoca, ma scuro di capelli e di carnagione.
Il bambino, che fu chiamato Alessandro, aveva due presunti padri: Lorenzo duca di Urbino, nipote di Lorenzo il Magnifico, e il cardinale Giulio, futuro Papa Clemente VII.
La mamma era una serva di origine magrebina o comunque africana, così bella da essere soprannominata la Cleopatra italiana, e il basso rango di nascita del bambino era senza dubbio un problema molto serio per la credibilità familiare.
Per la sua carnagione scura, i fiorentini lo chiamarono “il Moro”.
Nel 1522, quando Alessandro aveva appena 12 anni, Papa Clemente VII, incurante delle malelingue, gli concesse il titolo di Duca di Penne perché questo bambino era entrato nel cuore del Pontefice.
Ed era solo l’inizio. Nel 1531 Alessandro fu nominato sovrano del Ducato toscano e l’anno seguente Signore di Firenze con la benedizione papale e dell’Imperatore Carlo V.
Alessandro divenne così duca di Firenze, primo della sua famiglia a ricevere un titolo nobiliare con diritto di passarlo ai discendenti.
Purtroppo sua madre morì povera mentre il figlio ne ignorava le richieste di aiuto, perché come dice un proverbio toscano: “il villano nobilitato non conosce il suo parentato”.
Nel 1536 si sposò con Margherita, ancora tredicenne, figlia dell’imperatore Carlo V, decretando così un'alleanza inattaccabile con la potenza più forte del mondo.
Alessandro era donnaiolo e scapestrato e il matrimonio con Margherita non impedì al Duca di continuare nelle sue scorribande notturne e la paura che suo suocero si arrabbiasse, non lo frenò.
"Il Moro" era descritto come un uomo malvagio, tanto che nessuno osava offenderlo nel timore di vendette dirette o trasversali.
A soli 26 anni fu assassinato dal cugino Lorenzino de’ Medici, suo amico di baldorie, e con la sua morte si estinse il ramo principale della famiglia, ma il potere mediceo sarebbe stato ben presto assicurato dall’ascesa del ramo cosiddetto “Popolano” con Cosimo I.
In questo dipinto di Giorgio Vasari, Alessandro è ritratto a figura intera secondo una tipologia inconsueta all’epoca, con indosso una lucente armatura.
Giorgio Vasari, Ritratto di Alessandro de' Medici, 1534, Gli Uffizi
Per un approfondimento sul dipinto, consultate la scheda opera sul nostro sito:
https://www.uffizi.it/opere/vasari-alessandro-ritratto
Nella seconda metà del Cinquecento non c’era famiglia aristocratica europea che non possedesse una o più “lumaghe di mare”, considerate miracoli della natura, provenienti da luoghi lontanissimi e per questo degne di entrare a far parte delle “Camere delle Meraviglie”, che erano il vanto di ogni regnante.
Questo genere di oggetto entrò a far parte anche delle collezioni della famiglia de’ Medici: già il cardinale Ferdinando, tra il 1583 e il 1587, aveva inviato a Firenze da Roma ben 646 “Nicchi o cocchiglie di madreparla”.
Le grandi conchiglie, appartenenti alla specie dei Nautili pompilii, provenivano dall’Oceano Indiano e venivano guarnite in Europa con montature in metallo, come questa conchiglia a forma di tazza.
Quest’ultima fa parte di una serie di quattro tazze, descritte nell’inventario dei beni del Cardinale Leopoldo de’ Medici come “quattro conchiglie di madreperla con piede d’aquila d’argento dorato e teste di lione simile e legature d’argento simile lavorato”.
La montatura infatti presenta una testa ferina spalancata con la criniera che corre lungo il bordo della tazza, mentre la base è formata da una zampa di aquila che si posa su una conchiglia capovolta.
Tazza ricavata dalla conchiglia di un nautilo, Manifattura tedesca, argento fuso cesellato e dorato, cm. 15x14, seconda metà del XVI secolo, Palazzo Pitti, Tesoro dei Granduchi
Le nuove sale al piano terra degli Uffizi ospitano, fino al 17 settembre, la mostra “Riviste. La cultura in Italia nel primo ‘900”: sono esposte oltre 250 pubblicazioni che hanno fatto la storia culturale del Paese tra edizioni originali delle riviste, libri, manifesti, fogli, copertine, caricature è una sezione di dipinti, disegni e sculture dell’epoca.
L’esposizione, realizzata insieme alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, offre al visitatore un panorama completo delle più influenti pubblicazioni culturali apparse nella pen*sola durante il primo quarto di secolo.
Nel percorso itinerario della mostra è possibile ammirare le edizioni originali delle riviste come “La Voce” di Prezzolini, “Lacerba” di Ardengo Soffici, Aldo Palazzeschi e Giovanni Papini, la rivista futurista “Poesia” di Filippo Tommaso Marinetti, fino al socialismo di Gobetti con “La rivoluzione liberale” e di Gramsci con “L’Ordine nuovo”.
https://www.uffizi.it/eventi/riviste
Biblioteca Nazionale Centrale Firenze Ministero della Cultura
Ciclo di conferenze "Dialoghi d'Arte e Cultura"
Mi chiamo Sofonisba Anguissola e sono nata il 2 febbraio del 1535 a Cremona. Dicono che sono stata la prima pittrice donna di fama europea. Fin da bambina mi piacevano il disegno e la pittura.
Mio padre, anche lui amante dell’arte, intuì il mio talento e così mi fece studiare la musica, la letteratura e l’arte del disegno presso la bottega di Bernardino Campi. Mi specializzai nel ritratto perché non è solo l’immagine della persona colta nella vita quotidiana, ma per me anche un medaglione, un gu**to, un gioiello o uno spadino aiutano a ricomporre la sua personalità e l’intensità dello sguardo o un’espressione particolare del viso, i suoi moti dell’animo.
Vasari, quando vide i miei ritratti, disse che erano "tanto ben fatti che pare che spirino e siano vivissimi".
Grazie alle mie capacità riuscii a farmi conoscere nelle corti italiane ed europee; fui chiamata dal Re di Spagna Filippo II per dipingere i ritratti della famiglia reale e poi alla corte del Vicerè di Sicilia.
Alla morte di mio marito, mi sono trasferita a Genova: in quegli anni, forse anche per il troppo lavoro, ho cominciato a perdere la vista. A 96 anni, quasi cieca, ho avuto l’onore di essere ritratta da Van Dyck che, con immenso piacere disse “d’aver ricevuto più luce nell’arte pittorica da una donna cieca, che non dalle tele dei più celebri pittori”.
https://www.uffizi.it/news/autoritratti_uffizi
Conferenza stampa di presentazione della mostra
I negozi di lusso erano presenti anche nell’antica Roma e animavano i luoghi di convegno e passeggio della gente ricca ed elegante della capitale dell’impero, nella quale le matrone dell’élite erano un elemento centrale.
Ne offrono un esempio questi due splendidi rilievi che ornavano il sepolcro di un ricco proprietario di una bottega di stoffe, a perenne ricordo del successo professionale e personale raggiunto in vita. I commercianti appartenevano per lo più alla classe sociale dei liberti, che tramite il loro lavoro si erano ritagliati una posizione di prestigio.
Le due opere raccontano in modo piuttosto vivido, grazie alla buona qualità dei rilievi, l’attività di una bottega di stoffe e cuscini che animava la capitale dell’impero nel I secolo d.C.
In particolare il rilievo a sinistra rappresenta una scena di vendita in una bottega di manufatti tessili, dove una lunga barra, fissata all’architrave da due ganci, mostra la merce: tre cuscini, un panno e due sottili stole, di cui la raffinatezza del rilievo riesce a suggerire la morbidezza e lo spessore. Due commessi, osservati da un supervisore, estraggono da un contenitore una stoffa pregiata, simile a quella dei cuscini appesi in mostra, per mostrarla ai clienti, una coppia appartenente all’élite, come attestano gli abiti e i due servitori.
Inoltre l’acconciatura della matrona riprende quella dell’imperatrice dell’epoca, Agrippina Minore, moglie di Claudio e madre di Nerone, i cui riccioli, che scendono lungo le spalle, resi con raffinatezza di esecuzione, catturano lo spettatore, focalizzandone l’attenzione.
I rilievi sono esposti alla mostra “Pecunia non olet. I banchieri di Roma antica” in corso agli Uffizi fino al 17 settembre.
Rilievi con scene di vendita di stoffe e cuscini, decenni centrali del I secolo d.C.,
marmo lunense, Gli Uffizi
https://www.uffizi.it/eventi/pecunia-non-olet-finanza-roma-antica
Nessun altro artista ci ha lasciato un numero di autoritratti così vasto quanto Rembrandt: se fosse vissuto nel XXI secolo, avrebbe probabilmente avuto un’ossessione per i selfie, immortalando in continuazione la sua immagine per poi postarla su Instagram e Facebook.
L’artista realizzò infatti circa ottanta autoritratti tra acqueforti, disegni e dipinti, non commissionati da facoltosi mecenati, ma semplicemente eseguiti per se stesso.
Negli autoritratti giovanili Rembrandt focalizzava l'attenzione sul suo aspetto fisico e l’esteriorità: si mostrava per esempio con abiti di fantasia, con tuniche di raso lucenti legate alla vita da fusciacche.
Abbandonati poi lentamente gli atteggiamenti ostentati e i ritratti in costume, dismesse armature, catene d’oro e cappelli piumati, l’artista cominciò a concentrarsi esclusivamente su se stesso. Ormai era un pittore affermato e i dipinti dell’età matura rivelavano una grande intimità e un’indagine introspettiva.
Del suo viso invecchiato non risparmiava niente: le rughe, le venuzze, i foruncoli, autoritratti nei quali Rembrandt mostrava la propria decadenza fisica, unita alla consapevolezza dell’età che avanzava.
In questo dipinto, esposto nelle sale degli autoritratti agli Uffizi, il pittore si ritrae con un abito scuro e un ampio cappello, dove spicca, unica nota di contrasto, il rosa aranciato del volto, solcato da rughe.
L’opera rappresenta uno dei tre autoritratti conservati nelle collezioni degli Uffizi.
Rembrandt era nato a Leida il 15 luglio 1606 e dimostrò fin da subito un talento per la pittura, tanto che aprì il suo studio personale quando aveva solo 18 anni. Raggiunse risultati ragguardevoli soprattutto nella ritrattistica e condusse una vita più che agiata, spendendo al di sopra delle sue possibilità. Purtroppo a causa di spese eccessive e cattivi investimenti, Rembrandt p***e i suoi beni, tanto da arrivare a dichiarare bancarotta.
Trascorse gli ultimi anni della sua esistenza in una misera abitazione popolare, dove, benché quasi dimenticato, produsse opere di grande pregio.
Harmenszoon Rembrandt van Rijn, Autoritratto, 1655 circa, Gli Uffizi
Fino al 16 luglio è possibile visitare la prima retrospettiva su Guido Ferroni, ospitata nella Sala del Fiorino a Palazzo Pitti.
L'artista nacque a Siena nel 1888. Autodidatta, non seguì studi artistici regolari ma, stabilitosi a Firenze, frequentò la scuola libera di n**o dell'Accademia. Espose per la prima volta nel 1910 alla mostra della Società promotrice di belle arti di Firenze.
Dopo un esordio d'intonazione impressionista, Ferroni si orientò verso nuove soluzioni formali, caratterizzate da una riduzione delle gamme cromatiche e da una atmosfera di pacata quotidianità paesana.
A Firenze, nel 1927, Ferroni aderì al gruppo Novecento toscano che, legato all'ambiente letterario di Solaria, si era costituito ufficialmente quello stesso anno a Firenze. L’anno successivo partecipò alla prima mostra ufficiale del gruppo che fu ospitata nel capoluogo lombardo dalla galleria Milano.
Fu docente presso l'Accademia di Belle Arti di Ravenna, dove insegnò dal 1933 al 1941, e presso l'Istituto d'arte di Lucca, dove fu in cattedra dal 1941 al 1958.
Al termine della Seconda guerra mondiale si stabilì nuovamente nel capoluogo toscano, dove proseguì con coerenza l'attività pittorica.
Morì a Firenze il 21 aprile 1979.
La mostra ricostrisce la vicenda artistica e umana di Guido Ferroni nel contesto culturale del suo tempo, partendo dall’importante nucleo di opere appartenenti alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti.
https://www.uffizi.it/eventi/guido-ferroni-mostra
Ciclo di conferenze "Dialoghi d'Arte e Cultura"
La statua del Cardinale Leopoldo de’ Medici, realizzata dal grande scultore barocco Giovanni Battista Foggini, accoglie i visitatori nella prima delle dodici sale dedicate agli autoritratti, che da oggi fanno parte del percorso di visita degli Uffizi.
Il Cardinale Leopoldo, colto promotore delle arti a Firenze, riunì i ritratti d’artista già nelle collezioni di famiglia, dando così l’avvio nel 1664 al primo nucleo della raccolta degli autoritratti, ancor oggi unica al mondo per genere e ampiezza.
Oggi la collezione degli autoritratti comprende circa 2000 tra dipinti, sculture e disegni e nel nuovo allestimento è possibile ammirare una selezione di oltre 250 autoritratti e ritratti di artisti, una folta schiera di protagonisti della storia dell’arte che parte dai maestri del Quattrocento e arriva ai pittori, scultori, video artisti e fumettisti di oggi.
Ora lasciamo la parola al Cardinale Leopoldo, a cui si deve l’inizio di questa eccezionale raccolta, da allora costantemente accresciuta con acquisti e donazioni.
Continuate a seguirci, nelle prossime settimane vi faremo conoscere, attraverso le loro stesse parole, alcuni artisti autoritratti che possiamo ammirare nel nuovo allestimento degli Uffizi.
https://www.uffizi.it/news/autoritratti_uffizi
Conferenza stampa
Nel 1896 si tenne a Firenze una manifestazione di notevole importanza chiamata “Festa dell’Arte e dei Fiori”: presenziarono alla cerimonia di apertura il re Umberto I e la regina Margherita di Savoia.
La mostra era ospitata negli ambienti di Palazzo Corradi e in un fabbricato costruito ad hoc dall’ingegnere Giacomo Roster: vi erano esposte circa 700 opere tra la sezione di pittura e quella di scultura, opere di artisti della corrente del Simbolismo, del Divisionismo, dei Macchiaioli, del Preraffaellismo e dell’Impressionismo provenienti da tutta Europa.
I cronisti dell’epoca citarono, tra i lavori più meritevoli, il dipinto di Francesco Gioli “Fiori di campo”, che fu acquistato dal re e successivamente donato alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti.
L’opera raffigura una scena campestre, nella quale vediamo una giovane madre con le sue tre bambine: la più piccola è in braccio alla mamma e indica con la manina la sorella maggiore che le sta sorridendo, mentre la terza figlia è impegnata a raccogliere qualche ciuffo di rigogliosa ginestra.
Frammenti di vita quotidiana studiata da Gioli nei minimi dettagli, dal colore degli abiti della famiglia, ai fiori di ginestra e alle margherite che annunciano l’arrivo della primavera.
Per un approfondimento sul dipinto e sull’artista, potete leggere la scheda opera sul nostro sito 👉
https://www.uffizi.it/opere/gioli-fiori-di-campo
Francesco Gioli, Fiori di campo, 1896, Palazzo Pitti, Galleria d’Arte Moderna
Artemisia Gentileschi era nata lo stesso giorno di suo padre Orazio, l’8 luglio. Primogenita di sei figli, dei quali sopravvissero solo in quattro, Artemisia era l’unica figlia femmina, sua madre, Prudenza Montone, morì di parto a soli trent’anni, quando Artemisia ne aveva dodici.
Quando morì sua madre, la famiglia era composta da soli uomini e l’unica compagnia femminile che la giovane aveva era quella della sua vicina di casa, Tuzia.
Il padre Orazio era un affermato pittore e Artemisia, già all’età di tre anni giocava con i colori e posava per lui.
Dopo la morte della madre, la giovane andava tutti i giorni nella bottega di Orazio, imparando le innumerevoli mansioni associate al mestiere di pittore.
Una ragazza apprendista in una bottega tutta maschile all’epoca era una cosa rara, ma Artemisia passava ugualmente lunghe ore nello studio, guardando impastare i colori e preparare le superfici e ben presto assimilò la maestria tecnica e sviluppò una sua indipendenza pittorica.
Orazio, desideroso di perfezionare l’educazione artistica della figlia, chiese all’amico Agostino Tassi di “appraticarla” nella prospettiva, di cui era un virtuoso.
È nota a tutti la drammatica vicenda che sconvolse la vita della giovane Artemisia quando conobbe Agostino Tassi. Fu un’esperienza terribile che la costrinse a lasciare Roma e a sposarsi frettolosamente con un uomo che non amava.
Si allontanò così da un passato tormentato e da un padre che era diventato troppo ingombrante e di cui rinnegò anche il cognome, acquisendo quello dello zio.
Si trasferì così a Firenze e da quel momento si sarebbe firmata “Artimisia Lomi”, il nome che appose anche su questo straordinario dipinto, precisamente lungo la spalliera della sedia, che raffigura Maria Maddalena.
Artemisia Gentileschi, Santa Maria Maddalena, 1620 ca., Palazzo Pitti, Galleria Palatina
Per un approfondimento sull’opera 👉 https://www.uffizi.it/opere/artemisia-santa-maria-maddalena
Era pratica comune, già nel ‘500, assemblare le statue antiche con elementi di moderna fattura, opportunamente costruiti, in modo da conferire alla statua grazia, completezza e leggibilità a livello estetico.
E’ il caso di quest’opera, frutto dell'assemblaggio di una testa antica con un busto di moderna fattura.
Un modello di restauro lontanissimo dalla moderna pratica legata alla conservazione dell’opera nel suo aspetto originario.
Ma analizziamo insieme quest’opera al seguente link👉https://www.uffizi.it/opere/busto-romano-testa-di-doriforo
Ciclo di conferenze "Dialoghi d'Arte e Cultura"
Torna “R-estate con l’Arte!”, la rassegna di percorsi d’arte rivolti a famiglie con bambini, ragazzi e chiunque desideri avvicinarsi all’arte in modo semplice e diretto.
In programma dal 17 giugno fino al 5 agosto gli appuntamenti per conoscere dal vivo le meraviglie della Galleria degli Uffizi, dei musei di Palazzo Pitti e del Giardino di Boboli con visite a tema, come il percorso dedicato ai mostri e Uffizi Celebrities, alla scoperta dei capolavori vip della Galleria, e grazie ai Concerti per piccolissimi nelle sale di Palazzo Pitti.
Il calendario dettagliato delle iniziative 👉 https://www.uffizi.it/visite-speciali/r-estate-con-l-arte-2023
Conferenza stampa di presentazione della mostra
È in rete sul nostro sito una nuova mostra virtuale: una storia di Roma tutta al femminile.
Un racconto che ha come protagoniste alcune delle donne che tra la fine della Repubblica e l’inizio dell’età imperiale seppero ritagliarsi uno spazio d’azione pubblica.
A illustrare questo cammino ci sono opere d’arte selezionate fra le ricche collezioni di arte antica, rinascimentale e moderna delle Gallerie degli Uffizi, ma anche disegni d'animazione realizzati da Stefano Piscitelli, che faranno rivivere con originalità la vita quotidiana di due millenni fa.
Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace perché la bellezza è un concetto altamente soggettivo, ma quando parliamo di un modello di bellezza maschile solitamente usiamo l’espressione “essere un Adone” e viene rivolta a un uomo o un ragazzo bellissimo, affascinante, nei modi e anche nel vestire.
Ma chi è Adone e perché si usa ancora il suo nome per indicare un bell’uomo?
Adone era un bellissimo giovane nato dall’amore incestuoso di Mirra con suo padre Cinina, re di Cipro: la giovane, perdutamente innamorata del padre, era riuscita a trascorrere molti notti con lui senza essere riconosciuta. Dopo nove notti di passione, Cinira s’incuriosì e volle vedere chi fosse la ragazza; avvicinò un lume al volto della fanciulla e la luce illuminò il viso di Mirra, che fu allora riconosciuta dal padre. Egli la inseguì con la spada senza sapere che la giovane portava già in grembo il frutto di quell’amore incestuoso.
Mirra, in preda alla disperazione e alla vergogna, pregò gli dei affinché intervenissero in suo aiuto e Zeus o forse Afrodite, ebbero pietà di lei e la trasformarono nell’albero della mirra, che da lei prese il nome. Dopo nove mesi, dalla corteccia dell’albero nacque Adone, il frutto dell’amore incestuoso di Mirra.
Il fanciullo era talmente bello che Afrodite volle prenderlo sotto la propria protezione e lo consegnò a Persefone perché lo custodisse, ma la dea non volle restituirlo, così Zeus decise che il giovane Adone trascorresse una parte dell’anno con Afrodite e una parte con Persefone.
Un giorno, durante una battuta di caccia al cinghiale, Adone morì e dal sangue sgorgato dalla ferita spuntò un fiore bellissimo, l’anemone, “fiore di vita breve: fissato male al suolo e fragile per troppa leggerezza, deve il suo nome al vento, e proprio il vento ne disperde i petali”.
La morte di Adone è il soggetto di questo straordinario dipinto di Sebastiano del Piombo, al centro del quale notiamo Venere, nuda, seduta vicina a Cupido, intristita per la morte del bel giovane, il cui corpo giace esanime a sinistra. La dea tiene con la mano destra la caviglia della gamba corrispondente incrociata sulla gamba sinistra e dal suo piede gocciola sangue sulle rose bianche, tramutandole in rosse.
Il muso del cinghiale assassino invece spunta, semi-mimetizzato dalla vegetazione, mentre sullo sfondo, tra le fronde, si vede una distesa d'acqua e oltre, nella luce calda del tramonto, la città di Venezia.
Sebastiano del Piombo, La morte di Adone, 1512, Gli Uffizi
Conferenza stampa di presentazione della mostra
Oggi, 29 giugno, Roma festeggia i suoi patroni, ma in realtà tutta la Chiesa ricorda i due santi, San Pietro e San Paolo, due degli apostoli che furono entrambi martirizzati a Roma: Pietro si fece crocifiggere a testa in giù in segno di umiltà nei confronti di Cristo, mentre a Paolo fu risparmiata la crocifissione e fu decapitato in quanto cittadino romano.
Questa ricorrenza è una delle più antiche dell’anno liturgico, precedente persino al Natale: dopo la Vergine, sono i santi celebrati più spesso e con maggiore solennità. La festa inoltre è celebrata anche dalla Chiesa ortodossa e da alcune Chiese protestanti.
Vengono celebrati assieme poiché entrambi hanno servito Gesù seppur con modalità differenti. Pietro fu scelto da Cristo stesso per essere a capo della Chiesa nascente: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Matteo 16, 18-20).
Paolo incarna l’anima missionaria della nuova Chiesa: con lui il messaggio di Cristo si apre ai pagani, ai lontani, ai “gentili”.
Noi vogliamo festeggiare i due santi con questo bellissimo tondo attribuito a Bigordi Ridolfo detto Ridolfo Ghirlandaio, nel quale San Pietro e Paolo sono raffigurati a figura intera, immersi in un paesaggio collinare. Pietro, sulla sinistra, con le chiavi in mano e Paolo con la spada e il libro. Entrambi sono illuminati da una luce che squarcia le nuvole azzurre al centro in alto: è l’illuminazione divina che si riverbera dall’alto sulle due figure e colpisce le chiavi dorate di Pietro e il libro di Paolo.
Auguri a tutti coloro che portano questi nomi!
Bigordi Ridolfo detto Ridolfo Ghirlandaio, attribuito, I Santi Pietro e Paolo in un paesaggio, XVI secolo, Palazzo Pitti, Galleria Palatina
Ciclo di conferenze "Dialoghi d'Arte e Cultura"
Presentazione del volume
Il disegno mostra un giovane uomo che mangia una minestra.
Il ragazzo è abbigliato con vesti da popolano, eppure è seduto a tavola con una certa compostezza.
Con la mano destra e la schiena dritta porta il cucchiaio alla bocca, mentre sorregge la ciotola con la mano sinistra.
Il disegno è stato attribuito al maestro bolognese Annibale Carracci, nato nel 1560, considerato uno dei padri della pittura barocca.
Il pittore riuscì a proporre una maniera originalissima recuperando i linguaggi degli artisti del tardo Rinascimento.
Annibale proveniva da una famiglia di artisti, Insieme al cugino Ludovico e al fratello Agostino aveva condiviso la bottega agli inizi della carriera.
Il foglio che vi presentiamo ricorda lo splendido “Mangiafagioli", un suo celebre dipinto conservato in Roma presso la Galleria di Palazzo Colonna.
Annibale Carracci, Giovane, matita rossa su carta gialletta, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi.
Perché preferire il mare di Giugno a quello di Agosto?
Perché il mare è più bello e si possono incontrare creature straordinarie.
Come racconta questo dipinto del pittore tedesco Max Klinger: il bacio, bocca a bocca, tra un uomo terrestre e una sirenetta che abita gli abissi.
Lui cinge con le braccia la coda di lei e le sue labbra hanno il sapore del sale.
I due vivono in un mondo solo loro, come è costume degli amanti.
Allora ci tornano alla mente gli indimenticabili versi del poeta francese Jacques Prevert:
“I ragazzi che si amano”.
- I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Loro sono altrove ben più lontano della notte
Ben più in alto del sole
Nell'abbagliante splendore del loro primo amore -
---
- Les enfants qui s'aiment ne sont là pour personne
Ils sont ailleurs bien plus loin que la nuit
Bien plus haut que le jour
Dans l'éblouissante clarté de leur premier amour -
Max Klinger, Gli amanti, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti
Sullo sfondo di questo straordinario dipinto, privo di paesaggio per esaltare il senso spirituale della scena, svetta la croce, sormontata dal cartiglio con le lettere YNRI, abbreviazione di “Jesus Nazarenus Rex Iudeorum”.
La grande croce divide in due parti la scena: a destra sono riuniti i protagonisti dell’evento, raccolti attorno a Gesù Cristo esangue, appena deposto dalla croce, il cui corpo n**o e irrigidito, è disteso in un lungo lenzuolo usato come sudario.
Attorno a Gesù si riconoscono Maria, vestita con uno splendido manto blu decorato da due stelle dorate, contempla con gli occhi bassi, assorta nel suo pacato dolore, il Figlio morto, che abbraccia amorevolmente; l’apostolo Giovanni, con le mani giunte, piangente; Maria Maddalena, che piange sconsolata seduta in basso a destra, riconoscibile per i lunghi capelli biondi e il colore rosso delle vesti e le pie donne, accanto a Gesù, piegate dal dolore, gli stanno sorreggendo le mani: le stesse donne che tre giorni dopo scopriranno il sepolcro vuoto, abbandonato da Cristo Risorto.
Ognuno di loro esprime, attraverso le espressioni dei volti e gli atteggiamenti, i diversi sentimenti che provano intorno al corpo di Gesù.
A sinistra invece ci sono due figure femminili, entrambe inginocchiate in preghiera con le mani incrociate sul petto e di dimensioni inferiori rispetto alle altre figure. Esse sono probabilmente le committenti del dipinto, protette rispettivamente da un santo monaco vestito di bianco e da un vescovo, forse il francese Remigio, patrono della chiesa da cui proviene l’opera.
La fanciulla indossa un elegante abito, preziosamente ricamato alle maniche e allo scollo, arricchito da una cintura in oro e smalti, mentre l’altra donna, ammantata di nero, è forse una vedova. L’assenza di iscrizioni e attributi specifici rende difficoltosa l’identificazione dei due santi, come pure della santa inginocchiata a sinistra, il cui volto è contratto dal dolore per la morte del Salvatore.
Questa bellissima tavola è uno dei rarissimi capolavori sopravvissuti del pittore Giottino, una delle massime personalità della pittura toscana del XIV secolo e sapiente interprete di quel “dipingere dolcissimo e unito” tanto apprezzato da Giorgio Vasari nelle sue Vite.
Giotto di maestro Stefano, detto Giottino, Compianto su Cristo morto, 1350-1355 ca., Gli Uffizi
Piazzale Degli Uffizi 6
Florence
50122
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Arezzo vive di immagini suggestive ed iconiche come l’incontro e il saluto, in Piazza della Badia, di Guido alla sua Dora - ”Buongiorno Principessa!” - nel film La vita è bella, vincitore del premio Oscar. Tra Piazza Grande racchiusa da palazzi medievali e l’imponente loggiato vasariano, il Corso, che culmina con la maestosa Pieve romanica di Santa Maria, i tanti vicoli e le torri si è continuamente immersi nella storia. Secoli di accadimenti che traggono le proprie origini nel mondo degli etruschi prima e dei romani poi, attraverso il Medioevo e il Rinascimento, fino ai nostri giorni, ricchi di sapienza artigiana, di pregevoli prodotti della natura, di importanti appuntamenti turistici che hanno nella Fiera Antiquaria e nella Giostra del Saracino i momenti più significativi. Arezzo ha ospitato la mostra di Terre degli Uffizi, un progetto de Le Gallerie degli Uffizi e Fondazione CR Firenze : “Pietro Benvenuti nell’età di Canova. Dipinti e disegni da collezioni pubbliche e private” è allestita alla Casa Museo Ivan Bruschi. #TerredegliUffizi Comune di Arezzo #PiccoliGrandiMusei
Conferenza stampa della mostra "Niobe e i suoi figli allo specchio"
Ciclo di conferenze "Dialoghi d'Arte e Cultura"
Una mostra rende omaggio al grande pittore Masaccio (1401-1428) nella città che gli diede i natali, Castel San Giovanni, in dialogo con un altro protagonista del Rinascimento, Beato Angelico (1395 circa-1455). L’esposizione, allestita in due sedi, al Museo delle Terre Nuove e al Museo Basilica S. Maria delle Grazie, presenta una selezione di opere che permettono di approfondire le novità che Masaccio e Angelico hanno offerto alla storia dell’arte, ponendole in relazione con altri artisti a loro prossimi e valorizzandone il legame con la città e con il territorio. Al Museo delle Terre Nuove è esposta una selezione di opere centrate sulla figura di Masaccio, legate all’iconografia della Madonna con Bambino. Sono due capolavori provenienti dalle Gallerie degli Uffizi: la cosiddetta Madonna Casini, una piccola tavola dipinta da Masaccio per l’ecclesiastico senese Antonio Casini che raffigura Maria con il piccolo in fasce al quale teneramente fa il solletico, e la Madonna dell’Umiltà di Masolino, che mostra Maria intenta ad allattare il piccolo Gesù, in base all’iconografia della Madonna del latte. All’Angelico è dedicata la sezione espositiva presso il Museo della Basilica, dove trovano posto meravigliose opere dell’artista, di proprietà pubblica e privata, con un’attenzione speciale al tema dell’Annunciazione. Qui troviamo l’Annunciazione del Beato Angelico, capolavoro del museo, messa a confronto con il Tabernacolo di San Marco, un reliquiario proveniente da Santa Maria Novella e commissionato al pittore dal domenicano e sacrista Giovanni Masi, in prestito dal Museo di San Marco di Firenze. Con queste opere l’artista rivela ormai la piena adesione alle novità rinascimentali, raffigurando il mistero dell’incarnazione attraverso figure, indumenti e gesti fisici e reali. Del tutto umano l’incrocio di sguardi tra il messo divino e Maria, colta nel momento più terreno di accogliere nel suo grembo l’annuncio dell’angelo, proteg
Era il 31 ottobre del 1737. La famiglia de' Medici, che aveva governato la Toscana per quasi tre secoli, improvvisamente non aveva più eredi. Un glorioso passato rischiava di scomparire per sempre! La dinastia Asburgo Lorena stava per prendere le redini del granducato: che fine avrebbe fatto tutto il patrimonio d’arte dei Medici? Tutti beni di famiglia sarebbero oggi a Vienna o dispersi in qualche collezione privata, se non fosse stato per Anna Maria Luisa, l’ultima discendente dei Medici. Fu infatti una donna a salvare un patrimonio d’arte senza precedenti, rendendo la città di Firenze e il territorio del granducato di Toscana, i soli eredi della cultura e dell’arte della sua famiglia, affinché la Memoria della civiltà del Rinascimento durasse in eterno. Anna Maria Luisa, nota anche come Elettrice Palatina, sottoscrisse la Convenzione nota come Patto di Famiglia, entrata in vigore alla sua morte, nel 1743. Tutto il patrimonio dell a famiglia Medici veniva legato alla città di Firenze, “per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attrarre la curiosità dei Foresteri”. Grazie Anna Maria Luisa! #31ottobre #pattodifamiglia
Dante incontra San Benedetto, ai suoi occhi il più luminoso tra gli spiriti contemplanti che salgono e scendono lungo una scala d’oro. (Paradiso, XXII 31-51). San Benedetto da Norcia era nato nel 480. Da giovanissimo si era dedicato alla vita eremitica, raccogliendo numerosi discepoli. Nel 529 si era trasferito a Montecassino, luogo in cui aveva convertito i precedenti templi pagani nel celebre monastero in cui morì nel 547. La Regola da lui scritta divenne il testo di riferimento del monachesimo europeo e i conventi benedettini divennero, oltre che luoghi di santità, centri di conservazione e diffusione della cultura antica. #traselavaestelle @Teatro Comunale Di Antella Il Gobbo e La Giraffa - videoproduzioni
Ciclo di conferenze "Dialoghi d'Arte e Cultura"
Conferenza stampa di presentazione del restauro degli affreschi della Sala di Bona, degli arazzi Valois e di un'altra importante donazione.
Nello stesso cielo del Sole, Dante incontra anche lo spirito di San Bonaventura da Bagnoregio, raffinato teologo e figura di spicco della cosiddetta corrente mistica dell’ordine dei francescani. Fu lui l'anello di mediazione dell’aspra contesa fra francescani spirituali, più ortodossi, e i francescani conventuali, la frangia più aperta alla possibilità di possedere beni. In maniera perfettamente speculare alle argomentazioni del domenicano San Tommaso, qui San Bonaventura tesse a sua volta, da francescano, l’elogio di San Domenico, criticando, come aveva fatto l’Aquinate, le degenerazioni di cui si erano macchiati alcuni esponenti del proprio ordine. Dante, Paradiso, XII, 31-105 #traselvaestelle Teatro Comunale Di AntellaIl Gobbo e La Giraffa - videoproduzioni
Ciclo di conferenze "Dialoghi d'Arte e Cultura"
San Giovanni Valdarno fu fondata nel gennaio dell'anno 1299 con il nome di Castel San Giovanni. E' una delle Terre Nuove voluta da Firenze per estendere il suo controllo sul territorio circostante e conobbe fra il XIV e il XV secolo un progressivo sviluppo e consolidamento. La nuova mostra di Terre degli Uffizi, un progetto de Le Gallerie degli Uffizi e Fondazione CR Firenze , rende omaggio al grande pittore Masaccio (1401-1428) nella città che gli diede i natali in dialogo con un altro protagonista del Rinascimento, Beato Angelico (1395 circa-1455). La selezione di opere al Museo delle Terre Nuove e al Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie mettono in evidenza quali novità Masaccio e Angelico hanno offerto alla storia dell’arte, ponendole in relazione con altri artisti a loro prossimi e valorizzando il legame con la città e con il territorio. #TerreDegliUffizi Museo Basilica S. Maria delle Grazie #PiccoliGrandiMusei #museivaldarno Comune San Giovanni Valdarno
Lo scultore Antonio Canova moriva oggi, #13ottobre, nel 1822. Lo ricordiamo, a 200 anni esatti dalla sua scomparsa, attraverso una sua opera dalla storia assai emblematica: la Venere Italica. Nel 1803 alcuni funzionari francesi, per conto dell’Imperatore Napoleone Bonaparte, avevano sottratto agli Uffizi la Venere de’ Medici, una scultura della fine del I secolo a.C. Un colpo al cuore! Firenze e l’Italia perdevano la propria Venere, simbolo della bellezza e del collezionismo rinascimentale. Ecco che lo scultore Antonio Canova volle restituire all'Italia una Venere ancora più bella della precedente: la “Venere Italica”, prova tangibile dell'orgoglio e del genio italiano in difesa della bellezza. #antoniocanova Museo Gypsotheca Antonio Canova
Ciclo di conferenze "Dialoghi d'Arte e Cultura"
Dino Campana è una figura singolare del panorama letterario italiano. Nacque a Marradi il 20 agosto 1885, luogo celebre per i castagneti, in quella parte di Toscana al confine con la Romagna. Ebbe una vita travagliata, sofferente ed errabonda, a causa di disturbi psichici esorditi in gioventù. Proverbiale è come l'intellighenzia del tempo non si accorse del suo talento poetico, Ardengo Soffici e Giovanni Papini persero distrattamente i suoi unici manoscritti dei " Canti Orfici". Fra rabbia e disperazione, Dino riuscì a lasciare a noi gli "Inni Orfici", il suo poetico testamento spirituale. Il poeta dedicò anche una poesia al Giardino di Boboli in Autunno. #giardinodiboboli #giardinoletterario
Presentazione del rilievo tridimensionale del complesso di Palazzo Pitti e a seguire dibattito sulle prospettive, potenzialità e criticità dei sistemi informativi per il patrimonio culturale.
Un progetto di collaborazione tra le Gallerie e il paese dell'Asia Centrale
Ciclo di conferenze "Dialoghi d'Arte e Cultura"
Tommaso d’Aquino (1225-1274) è uno dei più grandi filosofi e teologi del Medioevo. Enorme è l’influsso da lui esercitato sulla dottrina cristiana in Occidente, al punto che la sua filosofia ha creato una vera e propria scuola che prende il nome di tomismo, e che tentava di conciliare per via razionale i principi aristotelici con la dottrina delle fede. Dante lo colloca tra gli spiriti sapienti del Cielo del Sole che ruotano intorno a Dante e Beatrice in due cerchi concentrici (Paradiso, XI 43-132). #traselvaestelle Teatro Comunale Di Antella Il Gobbo e La Giraffa - videoproduzioni
Folchetto, famoso poeta provenzale nato a Marsiglia, ma di origine genovese, visse tra la seconda metà del XII sec. e il 1231. Si dice che in gioventù fu assai gaudente e che dopo la morte di una nobildonna si convertì e divenne monaco dell’Ordine Cistercense e poi vescovo di Tolosa e crociato. Dante lo pone tra gli spiriti amanti del III Cielo di Venere che appaiono contro il cielo come faville in una fiamma (Paradiso, IX, 82-142). #traselvaestelle Il Gobbo e La Giraffa - videoproduzioni Teatro Comunale Di Antella
Ciclo di conferenze "Dialoghi d'Arte e Cultura"
Oggi è la volta di due scrittrici contemporanee. Magdalen Nabb ha vissuto per buona parte della sua vita a San Miniato, in Toscana, e ha scelto un carabiniere di stanza del commissariato di Boboli come protagonista dei suoi romanzi polizieschi. Zadie Smith invece ha visitato il giardino con il padre e vi ha tratto lo spunto per una riflessione intima e molto personale. Ce ne parla Gabriele Morandi nella rubrica il #giardinoletterario La voce è di Simone Rovida.
Piccarda Donati è il primo personaggio che Dante incontra in Paradiso. La donna, entrata in un monastero delle Clarisse, venne costretta dal fratello, contro volontà sua, a sposare Rossellino della Tosa, violento esponente dei Guelfi Neri. Donata era entrata giovanissima in convento per farsi monaca, quando un bel giorno suo fratello Corso piombò nel monastero di Santa Chiara, con un gruppo di riottosi, per rapirla e darla in moglie al facinoroso Rossellino. Un matrimonio politico per cui la donna venne fatta ostaggio, rinunciando ad esser sposa di Cristo. Dante la colloca tra gli spiriti inadempienti ai voti, ma comunque in stato di beatitudine perché vicina a Dio (III, 43 - 57). #traselvaestelle Teatro Comunale Di Antella Il Gobbo e La Giraffa - videoproduzioni
Il Giardino di Boboli, nel cuore di Firenze, visto attraverso le testimonianze di alcune grandi scrittrici che hanno avuto modo di vivere il suo incanto ed hanno dedicato parole bellissime a questo luogo magico. Oggi Gabriele Wr Morandi ci presenta la poetessa inglese Kathleen Raine, la quale dedicò alcuni versi alle margherite di Boboli, un fiore che in inglese ha un significato molto particolare. Ascoltiamo le parole di Gabriele per scoprire cosa si nasconde tra i petali bianchi di questo fiore, che annuncia l'arrivo della primavera. #giardinoletterario #giardinodiboboli
“Masaccio e Angelico. Dialogo sulla verità nella pittura” Conferenza stampa di presentazione della mostra “Masaccio e Angelico. Dialogo sulla verità nella pittura” inserita nel progetto “Terre degli Uffizi” - ideato e realizzato da Le Gallerie degli Uffizi e Fondazione CR Firenze, all'interno dei rispettivi progetti Uffizi Diffusi e Piccoli Grandi Musei. Intervengono: Valentina Vadi; Sindaco di San Giovanni Valdarno Eike Schmidt; Direttore delle Gallerie degli Uffizi Gabriele Gori; Direttore Generale di Fondazione CR Firenze
Ciclo di conferenze "Dialoghi d'Arte e Cultura - Autunno 2022"
Mentre le scuole riaprono le porte ai nostri ragazzi, tra i corridoi della Galleria delle Statue e delle Pitture risuona la voce di Marco Fabio Quintiliano (35/40-96 d.C.), che nel primo dei dodici libri della sua Institutio Oratoria espose le proprie idee sulla formazione dei piccoli. L'antico autore si sofferma su alcune opere della nostra collezione, in particolare sui volti dei bambini, sui loro sguardi e sulle loro espressioni, cogliendo l'occasione per evocare alcuni aspetti della scuola primaria del mondo Romano e ricordare alcune intuizioni che, affidate alle sue pagine quasi duemila anni fa, sarebbero state riscoperte dalla pedagogia moderna molto tempo dopo di lui. A prestare la voce all'antico maestro è Alessandro Muscillo, archeologo e collaboratore delle Gallerie degli Uffizi. #latineloquimur #primogiornodiscuola
Florence urban diffused museum: the historic
Piazza della SignoriaAIEM - Associazione Italiana Educatori Museal
Via RicasoliTaatankaa - Collezione dei Bisonti
Via del ParioneFlorence urban diffused museum: the historic
Piazza della Signoria