Con Anna Di Biagio prendemmo casa in 6th Street tra la Prima e l'Avenue A. Trovai studio in 3th Street tra la Seconda e la Terza strada. Proprio di fronte avevo "The City Shelter" e, sempre di fronte sulla sinistra c'era il building occupato dagli "Hells Angels": e, confinanti con lo studio alla mia destra c'era il gruppo più terribile della New York di quegli anni "the Mother Fu***rs".
Prima della mia partenza per gli USA, Amerigo Sbardella, che aveva iniziato l'attività del Filmstudio di Roma a via degli Orti d'Alibert, mi chiese se una volta a N.Y. potevo andare a studio di Andy Warhol e convincerlo a spedire al Filmstudio i suoi films. Cominciai quindi a frequentare "the A. Warhol Coorporation" in Union Square con ritmo periodico.
Joe D'Alessandro mi raccontava dei suoi cinque figli, Gerard Malanga l'alter ego di Andy, sempre indaffarato, Taylor Mead sensibile poeta clandestino, Ultraviolet l'attrice prosperosa e bella per la quale disegnai e confezionai il costume in pelle nera e borchie argentate per il film "Trash" di Warhol. Viva star underground del momento, bellezza antica con capelli crespi e rossi e occhi verde sottobosco. Paul Morissey paziente e capace operatore. Nico, la diafana e spirituale bellezza dei primi film di Warhol la conobbi al Chelsea Hotel, nell'abitazione di Jonas Mekas presidente della Cinetéque a Lexinton Av.
Frequentavo il Pratt Institute della Brooklyn University e fui presto preso dal clima di quegli anni: i masters di studio diventavano happenings, analisi sociali, politiche, culturali, diventavano performances e soprattutto contestazione di tutto e ovunque. Ero arrivato in freedom land: tanto che mi sembrava possibile tutto. Continuavo a costruire gli Ovoidi per la mostra di Chicago.
Conobbi Larry Rivers nel periodo in cui stava dipingendo il ritratto di W. Rockfeller: un bel quadro, un realismo abbozzato con cravatta vera che scendeva libera di svolazzare ad ogni refolo di vento. Al suo studio incontrai per la prima volta Gregory Corso.
Dopo i beat nascevano gli hippies: con Anna Di Biagio facemmo amicizia con Abby e Anita Hoffman e, nella loro casa conoscemmo Allen Ginsberg, Norman Mailer …
Nel 1969 con Abby Hoffman e Jerry Rubin partecipai alla nascita di Woodstock Nation. Alla morte di Jack Kerouac, con il cineasta anglo-argentino John Dickinson andammo al funerale a Lowell in Massachussets.
L'esperienza beat cominciata nel 1959 con la lettura dell'antologia dei poeti beat, libro tradotto e portato in Italia dalla Musa e Vestale Fernanda Pivano e dopo aver conosciuto Jack Kerouac a Roma da Amerigo a Via Margutta nel 1967 proseguiva qui tra le tombe di questa piccola cittadina di provincia dove all'entrata del Cimitero troneggiava una grande statua in bronzo di un capo Cherokee convertitosi al cristianesimo.
Gli anni settanta si aprirono con la Prima Festa della Terra a Central Park e poi, la Prima Maratona di New York. E, la Prima Performance al Metropolitan Museum of Art. A me sembrava a volte di esserci sempre stato lì in America.
Le sculture ovoidali avevano raggiunto un numero idoneo per la mostra di Chicago e mi fu naturale pensare che le sculture partorite dal magico ventre di New York ricevessero, prima di partire per l'esposizione di Chicago, una alchemica benedizione. Il luogo prescelto fu il Metropolitan Museum of Art che in quegli anni sembrava essere il "genius loci" dell'Arte moderna e contemporanea.
Collaborarono alla performance; John Harriman poeta, Carl Einhorn del Leaving Theatre, Dan Friedman scrittore, Gary Genazzio artista, Fausta Daldini dello Street Theatre, Anna Di Biagio dello Street Theatre, Denny Gerzog del Pratt Institute, Billy Sharitz del Leaving Theatre, Emanuela Generali artista, Mico Delianova filmaker, Jorge Denti cineasta. Ma gli Ovoidi per le guardie del Metropolitan erano "oggetti di contestazione" e dovevano essere rimossi, eliminati.
Il mio amore per New York, per l'America si incrinò profondamente. Nel 1971 lasciai l'America. Tornai lentamente: prima tappa Londra poi Parigi e poi dopo qualche mese a Roma, a Trastevere.
Gli anni romani
Con Anna Di Biagio eravamo diventati famiglia: a N.Y. nel 1970 al Myflowers Hospital di Manhattan era nato Kharis Francesco. Prendemmo casa a San Francesco a Ripa 18. Cercai studio e lo trovai a Vicolo del Moro 33 e gli diedi un nome "Joyce & Co.".
Trovato lo studio, una delle prime cose che feci fu recuperare il grande Ovoide rifiutato nel 1968 da Palma Bucarelli della GNAM. e portato da Agnese De Donato nel magazzino di Valentino Zaiken. Venni così a sapere che l'inverno del 1969 era stato uno dei più freddi mai registrati: e quindi Valentino Z. e Giuseppe "Vaporetto" Valdambrini per non gelare in quel terribile e freddo inverno, avevano messo, a pezzi, il grande Ovoide nella stufa.
In seguito riflettevo circa la forma ovoidale e il colore bianco: incredulo constatavo che perfino due mezzi amici poeti si comportavano come e peggio dei guardiani del Metropolitan Museum di N.Y. Forse avrei dovuto esplorare altre forme.
Lavorai alla Ruota Solare e preparai la Performance Roma-NewYork-Roma che fu fatta allo studio Joyce & Co. nel 1972. con la collaborazione di Jorge Denti cineasta, Fabrizio Diotallevi artista, Pietro La Camera artista, Carlo Silvestro poeta, Carlo Ambrosoli artista, Firmino Palmieri fotografo, Robertino De Angelis poeta, Graziella Scotese artista.
Lo storico d'Arte Antonio Del Guercio apprezzò molto la Performance però mi disse che un artista deve anche dipingere: ed io, pian piano ripresi a dipingere sempre più spesso.
Sempre negli anni Settanta mi trasferii per circa due anni tra Murano e Venezia dove conobbi e praticai la lavorazione del vetro: e alla Fornace Artistica di Esperia Mazzega trovai la sapiente collaborazione dei maestri vetrai Nino D'Este, Santin Tosi, Renato Anatra e per i colori ebbi il capace contributo dell'ingegner Giorgio Zuffi.
Da questa collaborazione sono nate la "fontanella romana" detta "er nasone" a grandezza naturale, le "labbra di Bettina Best" Cm. 60 x 30 - attrice che lavorava in teatro con Memè Perlini - e, il "pennello parietale" della lunghezza di Cm. 180 che, fu la soffiata più lunga praticata a Murano.
Nel 1978 partecipai alla Performance Poetica del Primo Festival di Poesia di Castel Porziano con Maria Paola Fadda, Franco (Pupo) Calimera, Robertino De Angelis, Victor Cavallo, Armando Natalucci, Simone Carella, Paolo Morelli, Fernanda Pivano, Allen Ginsberg, Gregory Nunzio Corso, Luciana Marcucci e…
Nelle alchimie della vita spesso con difficili logiche da interpretare partecipai alla performance editoriale per l'uscita in Italia del quindicinale "Rolling Stone": con Joe Lodato, Franco Schipani, Maurizio Baiata, Vito Lombardo, Carlo Massarini, Firmino Palmieri, Anna Di Biagio, Michele Logrippo, Pietro La Camera…
Con Giulio Carlo Argan c'erano lunghe pause di tempo tra un incontro e l'altro, anche se a volte andavo a trovarlo più spesso. In una di queste visite avendo io portato delle foto relative ai lavori più recenti, guardandole mi disse che avrei dovuto mostrarle ad Achille Bonito Oliva che, disse Argan, stava cercando alcuni artisti per dare vita ad un suo progetto. G. C. Argan, gentile e premuroso, prese per me un appuntamento con A. B. Oliva.
Andai all'appuntamento a Vicolo del Quartiere. Parlammo, guardò le foto dei quadri, parlammo ancora e poi ci salutammo con simpatia. Il giorno seguente a casa di G. C. Argan egli mi chiese con sincera curiosità dell'incontro da me avuto con A. B. Oliva. Ricordo che dissi qualcosa circa un parroco di campagna alla ricerca di chierici per la sua messa. Non mi era mai capitato di vedere G. C. Argan ridere con così ampia e libera partecipazione alla risata: sotto la finestra sprofondato nella poltrona.
Verso la fine degli anni '80 Maurizio Raso mi telefonò per dirmi che stava venendo a studio con Gregory Corso. Da quel giorno G. Corso veniva periodicamente a studio, al citofono diceva: "Is Nunzio man". Saliva sempre con un minimo di 3-4 birre. Con me voleva sempre usare il nome di Nunzio che era il suo vero nome e si sentiva quindi un poeta che portava il messaggio. Infatti, veniva a trovarmi e portava i racconti della notte, a volte con il volto tumefatto.
Erano i tempi in cui cominciavo ad allontanarmi da ogni forma di complicità, anche di sola presenza, da una cultura sempre più ipocrita e villana: senza un minimo dei fondamenti etici, morali e sociali che sono la base di ogni credibile cultura. Per gli stessi motivi per cui avevo lasciato il Sindacato, cessai ogni forma di partecipazione al Sistema. Non amavo più andare in giro, non andavo da nessuna parte. Per anni non mi spostai da Trastevere.